Il 2014 sta per finire, se sei nato nell’84 sai benissimo che quest’anno ha rappresentato per te un punto di svolta. Ai primi la tessera è arrivata diversi mesi fa, qualcuno ha sperato di ingannare il destino cercando di non farsi trovare, mentre qualche fortunato potrà ancora aspettare, ma solo per pochi giorni. A me è successo a giugno, in una delle poche giornate non piovose di quest’estate che sicuramente non verrà ricordata. Aprii gli occhi e presi il cellulare, quasi nella vana speranza di avere infranto una dimensione, ma niente: ero entrato nel club dei 30N.
Superato lo scoglio psicologico dell’aver abbandonato quel tanto amato 2, a cui mi ero affezionato e che tante volte mi aveva difeso, ho dovuto aprire questo nuovo capitolo della mia vita. Mi fermai a riflettere nel letto e, dopo qualche minuto col naso all’insù, realizzai: “caspita, ma io ho già trent’anni”.
Anni ad immaginare come mi sarei comportato dopo aver cambiato il mondo. Non era importante il come, sicuramente a trent’anni avrei avuto tutto quello di cui avevo bisogno: una bella donna, la macchina fiammeggiante parcheggiata in garage e la moto, posta sulla destra, accanto al biliardo per le serate con gli amici e la panca per scolpire gli addominali marmorei, e poi le partite a golf e le serate nei più esclusivi club della provincia di Brescia, sommerso da alcool e scollature vertiginose, con copricapezzoli e tanga a distrarmi dalle luci stroboscopiche, giusto per nascondere qualcosa alla fantasia e dover aspettare un po’.
Pensavo a questo proprio ieri sera, mentre mi ritrovavo a tarda notte a guardare la solita puntata di Vespa alla tv, bevendo l’unico Chinotto visto durante la giornata e realizzando che, con questa pancetta che mi ritrovo, l’unico modo di vedermi con la tartaruga è quello di portarmi una macchinetta fotografica allo zoo.
A trent’anni i calciatori iniziano a pensare al ritiro, quindi realizzi che non vincerai mai un pallone d’Oro, non alzerai una Coppa del Mondo e quella foto che avevi chiesto a Moggi, pensando che un giorno avrebbe ricambiato, non ci sarà, ma forse è anche meglio. Non dovrai pensare più a disegnarti una divisa da super eroe e ringrazi di non essertela fatta fare su misura, dato che adesso non ci entreresti più. Se ti ritroverai su un tetto, sarà solo per ammirare un tramonto in qualche festa di periferia, mentre se la polizia userà una luce per richiamarti, non sarà certo che testare il tuo eroismo. Forbes non ti dedicherà nessuna copertina come il più giovane imprenditore della Franciacorta, le battute divertenti che ti eri immaginato se ti andrà bene potrai riciclarle solo in un matrimonio di qualche tuo amico. Da fare rimane solo fondare un’azienda di successo e vincere un Nobel, ma anche per quest’ultimo non sei sulla buona strada.
Capisci che esistono problemi molto più tangibili: pagare la rata del mutuo, sfogliare online depliant per i pannolini di tuo figlio o cercare su Mappe i posti che ti suggerisce Groupon.
A 30 anni si mettono i piedi per terra, ci si avvicina allo specchio per sorprendersi delle prime rughe, incolpando le luci per non doversi preoccupare di quelli che sembrano essere capelli bianchi. “Sono biondi”, si asserisce convinti, dopotutto quei pochi rimasti devono essere all’altezza…
Riflettendo su tutti questi aspetti, però, la cosa che mi ha sorpreso è che non mi ha depresso come avrei immaginare a 20 anni, anzi, non so se sono i primi segnali di cedimento della mia psiche, ma ho come realizzato di essere entrato nell’età più bella della mia vita.
A trent’anni sei più consapevole di te stesso, ti alzi la mattina e sai cosa fare. La cosa bella è che se anche non sai cosa fare, sai bene il perché e sai con chi prendertela. Puoi lamentarti della tassazione in italia e hai viaggiato abbastanza per raccontare il venerdì sera agli amici come sarebbe facile aumentare gli introiti o dimezzare il debito pubblico. A trent’anni hai esaurito il tuo regime dei minimi, non devi pensare a come stanno rovinando il futuro ai giovani, perché oramai sei un professionista affermato. Non sei più il neolaureato in cerca di primo impiego e neanche un apprendista, sei un freelance – per dirla alla moda – che poi, il fatto che guadagni meno rispetto a prima, è secondario, fa figo lo stesso.
A trent’anni hai le execution – per parlare british – hai sbagliato in qualcosa, direbbe qualcun altro. Se ti è andata bene hai anche vissuto da vicino una liquidazione e hai un sacco di storie da raccontare a quei giovani – mentre ti danno del Lei – che guardi negli occhi, pensando di avere più entusiasmo di loro. Non è così. Se ti senti morire dopo 3km di corsa e la mattina dopo arrivi inesorabilmente tardi al lavoro, non è dovuto all’alimentazione, e neanche al fatto che sei fuori allenamento, è che hai trent’anni.
Ai cuginetti racconti cosa era il mondo senza Google, ed è in quei momenti che realizzi che se invece di aver passato il tempo a guardare il culo di Lara Croft, o a cercare di fare accoppiare due tizi a the Sims, ti fossi applicato a studiare un po’ di programmazione, magari adesso saresti nella Silicon Valley, a firmare assegni milionari, o magari a pagare una follia un buco di posto dove vivere, aspettando di incontrare quel tizio che di benzina spende al mese più di quanto valga quel tuo quattroruote che hai ribattezzato “Spider”, ma solo perché fa scappare le tipe come fosse un ragno.
La macchina. A trent’anni butti via quel catorcio di terza mano che ti eri comprato a 24 anni, o, se ti è andata bene, la Grande Punto a km zero, che sta però per superare i 200.000 km. Quando ti aveva chiamato quell’azienda pensavi che in quel momento stesse iniziando la tua scalata verso il mondo della finanza. Ti immaginavi seduto davanti a Gerry Scotti, quei viaggi e i tanti straordinari regalati sarebbero ben presto stati ripagati, dopotutto era solo la prima domanda verso il milione, le altre sarebbero state più facili. E’ la teoria della piramide. In realtà l’unica cosa che ringrazi è che non fosse un cubo, perché prenderla in quel posto sarebbe stato più doloroso, e se i programmi sono poi cambiati non ti preoccupare, tanto sei giovane. Esattamente quanto basta per non avere esperienza, e troppo poco per non poter più partecipare ai bandi dedicati.
L’aspetto più bello è però quello all’interno dei locali, quando sfilze di ragazzine e sguardi maliziosi ti consumano, seguendoti ovunque tu vada. E’ la schiera di giovani cresciute con padri distanti, in cerca di figure mature, oppure, tra le tue coetanee, identifichi subito quelle single. Sono lì, attente, disperatamente alla ricerca, mentre odono il sempre più pesante suono del proprio orologio biologico. Ci sono le milf, che non mancano mai e aumentano a macchia d’olio, ma anche delle new entry: giovani mogli, pronte a vendicarsi delle scappatelle extra coniugali dei loro mariti con qualche standista di Francoforte.
A trent’anni puoi parlare in maniera forbita, dato che hai letto tanto, incontrato guru e mitomani che ti hanno insegnato sciocchezze da dimenticare e giusto qualche parola, interessante quanto utilizzata in modo improprio. Ogni tanto, però, ti sorprendi a parlare come un adolescente, ripetendo a mo’ di mantra locuzioni ridicole, quasi per bloccare il tempo e tornare indietro.
Lasciatemelo dire: avere trent’anni è proprio una figata.