Abituati ad una visione antropocentrica – esaltata dall’egoismo generazionale, manifestato nella seconda metà del secolo scorso – non siamo più soliti concepire aspetti della nostra vita al di fuori del nostro controllo. Le innovazione del ‘900 ci hanno infuso ottimismo, convincendoci che saremmo riusciti a breve a comprendere il nostro universo, dall’infinitamente piccolo al grande; ciò ci ha portato a rivolgerci alla Natura non più come ad una madre, quanto più al cuginetto manipolabile, a cui possiamo far fare quello che vogliamo. Abbiamo creato materiali con le risorse che avevamo a disposizione e abbiamo generato energia che soddisfacesse i nostri bisogni. Per un attimo abbiamo temuto di non produrne a sufficienza, ma abbiamo scongiurato la paura, efficientando e studiando nuove soluzioni. L’uomo, che sicuramente non era la specie più forte a livello fisico, con il proprio intelletto riesce oggi a sconfiggere qualsiasi predatore, coltivare fragole nel deserto, conquistare lo spazio con razzi e mettere in connessione tutto il mondo. Ed è proprio dal confronto tra le comunità scientifiche di ogni nazione che sono emersi da decenni i limiti del nostro vivere. Il messaggio ha faticato non poco ad arrivare ad un pubblico vasto e sono state necessarie le furibonde esternazioni di una ragazzina svedese, giustamente preoccupata per il proprio futuro, ad accendere un interesse sulla questione.
Il meritato approccio fiducioso che abbiamo per il futuro non può proteggerci da una situazione ambientale che peggiora ogni parola che leggiamo. Sembra quasi che sottovalutiamo il tutto, riducendolo ad un’anomalia del nostro impianto di riscaldamento. Siamo in attesa del tecnico, che come sempre si fa aspettare. Non consideriamo, invece, che quelle che sembrano infiltrazioni non rischiano solo di creare muffe, bensì di far venire giù intere parti strutturali. Il mondo è nostro e siamo in attesa della giusta sanatoria per sistemare l’abuso edilizio che abbiamo creato.
Quando ci vantiamo della nostra importanza, sarebbe però interessante ricordare che, se sommassimo il nostro peso a quello di tutti gli animali, arriveremmo solo allo 0,3% della biomassa presente. No, non è un errore. E’ come se su 1.000 persone, tu fossi solo/a assieme ad altre due. Ma gli altri chi sono? L’85% sono alberi, l’1,2% funghi e i restanti microrganismi. Quando asseriamo altezzosamente che la Terra è il nostro pianeta, non scordiamoci che, ad essere democratici, a noi spetterebbe solo una porzione dello sgabuzzino. Sicuramente ci andrebbe bene con la divisione delle spese, peccato che per solo causa nostra l’intera abitazione stia per andare a fuoco.
L’innalzamento della temperatura a volte non sembra neanche negativo: dopotutto, non sarebbe male vivere con inverni più miti. Se consideriamo però la terra un essere biologico qual è, sarebbe come avere tutti i giorni 38,5°C di febbre, invece dei soliti 36°C. La tendenza a confondere clima e meteo sta diventando oramai ingiustificabile: accostare al parere degli esperti le situazioni di freddo intenso ci porta a ragionare ancora una volta su scala locale, invece che globale. Un’altra manifestazione della nostra arroganza è la convinzione di poter controllare sempre tutto. Crediamo di sistemare quelle situazioni in cui distruggiamo ambienti vegetali solamente piantando alberi da altre parti, garantendo un po’ di verde all’interno delle città, o, peggio ancora, stanziando soldi, un domani utilizzati per l’ambiente. Le cose non sono così semplici. La biodiversità – ovvero la presenza di animali e vegetali differenti in un determinato ecosistema – è, ad esempio, un altro aspetto che sottovalutiamo. Oggi l’uomo non è in grado di ricreare i processi biologici esistenti, che comprendono miriadi di specie e sono il risultato di secoli di sviluppo, in quanto ancora non sono stati pienamente compresi. Si potrebbe pensare che alcune previsioni siano pessimiste. E’ vero, magari potrebbe succedere che domani mattina in qualche laboratorio sperduto si trovi la soluzione a tutti i problemi, o che, inspiegabilmente, la CO2 inizi a diminuire, consumata da chissà quale specie; ma se il punto è questo, allora potremmo anche considerare una possibile colonizzazione da parte di alieni, quindi ci staremmo facendo problemi per nulla. L’aspetto invece interessante è che le previsioni potrebbero anche essere troppo ottimiste. Cosa succederebbe se la modifica di alcuni fattori portasse alla scomparsa improvvisa di qualche microrganismo, con l’estinzione di un intero ecosistema? Mi sento di garantire che non ci arriverebbe una notifica sul cellulare. Potrebbe servire tanto tempo per accorgercene e sarebbe troppo tardi. Inoltre, sappiamo quali virus potrebbero emergere dallo scioglimento del permafrost? Nel mondo ci sono state cinque (forse sei) estinzioni di massa. Provate a citare i motivi di ognuna di esse…
Il problema ambientale è anche geo-politico, in quanto oggi chi ha più soldi può permettersi di non rispettare le leggi, versando quanto necessario per far tacere la propria coscienza e quella altrui. I numeri spesso anestetizzano e annoiano, ma sono già visibili le prime conseguenze: le trombe d’arie e i nubifragi delle ultime estati, l’innalzamento del livello dell’acqua in tante città, l’avanzamento della desertificazione. Questi effetti non saranno solo un problema ambientale, ma anche economico, in quanto intere aree del pianeta non saranno più abitabili, comportando migrazioni di massa.
Dobbiamo intervenire ed è necessario farlo adesso. Anche piccoli accorgimenti nella propria quotidianità possono fare la differenza, soprattutto se siamo d’esempio agli altri con il nostro comportamento. Per mettere a posto le cose servirà tempo, molto tempo, anche perché i primi interventi non faranno abbassare la temperatura e arrestare il disboscamento, ma inizialmente andranno solo a diminuirne l’aumento.
Per fortuna in questa battaglia non siamo soli e la natura è al nostro fianco, ma da sola non può farcela. Questa è una battaglia che dobbiamo vincere tutti insieme.
Se un uovo viene rotto dall’esterno la vita finisce, se dall’interno, invece, inizia.